Amicizia


Gesù piange per il suo amico Lazzaro. Appena apprende la notizia della sua morte, lascia tutto e corre nella famiglia dei suoi amici. Affronta coraggiosamente il rischio di avvicinarsi a Gerusalemme, dove vogliono la sua morte. Gli vengono incontro Marta e Maria a piangere con lui. Hanno piena fiducia nel Maestro: “Qualunque cosa chiederai a Dio, egli te la concederà” (Gv 11,22). Gesù interverrà ma, innanzitutto, “si commosse profondamente e si turbò” (33). La gente che è accorsa lì per le condoglianze coglie immediatamente la forza di quell’amicizia: «Vedi come lo amava!».
L’amicizia è potente: vince l’angoscia della morte! È l’esperienza umana che contiene la radice del superamento della paura della morte. Non elimina la morte fisica perché la vita è sconfitta dalla morte. Tuttavia la morte ha un nemico: l’amore. Nessuna morte toccherà l’amicizia, nessun evento la distruggerà.
La vera amicizia secondo Gesù è l’espressione più pura dell’amore perché è l’esperienza trasparente della gratuità. Chiama amici i suoi discepoli: “Non vi chiamo più servi ma amici” (Gv 15,15).
La morte è certa e l’amicizia impara a guardarla con coraggio e verità.
La saggezza, che allontana l’angoscia, consiste nell’imparare a distaccarci dalle cose, dal denaro, dalle preoccupazioni eccessive, dall’arroganza delle idee e, anche, dal possesso delle persone. Nel giorno della morte, infatti, non porteremo nulla con no. Più le nostre mani si abitueranno a dare piuttosto che a prendere, a offrire piuttosto che ad aggrapparsi… più, in quel giorno, riusciremo a distaccarci serenamente e liberamente.
L’amicizia è l’esperienza umana più importante per imparare questo distacco. Se essa è autentica, è sempre gratuita, disinteressata, reciproca, libera e liberante. L’avaro, il faccendiere, l’avido di potere sono persone sole. Possono avere complici e ammiratori ma mai amici. Per questo l’amicizia è un bene raro. È indicativo che la liturgia dei defunti dica che le nostre amicizie non verranno spazzate via dalla morte, ma che, misteriosamente, “Potremo godere ancora della presenza del nostro fratello e della sua amicizia” (n. 104).
Che cosa è allora l’amore? Chiamiamo amore quell’esperienza intensa, indimenticabile e inconfondibile che si può fare soltanto nell’incontro con un’altra persona.
Non c’è quindi amore verso una cosa astratta, come un’idea. Non c’è amore solitario. L’amore suppone sempre un altro e si attua in un incontro concreto. Per questo l’amore ha bisogno di appuntamenti, di scambi, di gesti, di parole, di doni che, pur parziali, sono tuttavia simbolo del dono pieno di una persona a un’altra.
Amore è dunque incontrare un’altra persona scambiandosi doni, condividendo qualcosa di sé.
L’amore è un incontro in cui l’altro appare importante, così importante che siamo disposti a perderci: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” (Gv 15,13). Nell’amicizia l’altro diviene più importante di noi stessi. L’amore compie una vera uscita da se stessi, dal proprio tornaconto. Avviene una sorta di “estasi” (uscita) in cui mi sento tanto più vero e tanto più autentico, tanto più genuinamente mi dono, mi spendo, mi dimentico. Non mi appartengo più in esclusiva.
Nasci così il dialogo tra due Tu. Non è più l’esteriorità che attrae, ma sono due interiorità che si arricchiscono e si completano, due mondi interiori che entrano in empatia. È un modo di sentire, di pensare, di fare, di muoversi nella vita che ha consonanza con noi. Sentiamo che questa interiorità arricchisce il vostro modo di pensare e di sentire.
La vera amicizia è quindi un sacramento di Dio.
Dove c’è amicizia e amicizia vera, lì c’è Dio. E lì c’è l’uomo.
L’amicizia è il più grande di tutti i sentimenti.
Senza di essa, dice san Paolo, tutto è vano.
Dio è amicizia! “Dio è una Presenza sempre offerta alla quale noi non sempre rispondiamo”.
L’amicizia si offre. Non s’impone, non si mendica, non si simula. È sempre dono e grazia.
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