Il puro e il santo
Vengono direttamente da Gerusalemme, farisei e scribi, mandati a controllare Gesù. Questo nuovo maestro sovverte – questa è la loro preoccupazione – la pratica religiosa. I suoi discepoli non seguono più le antiche pratiche di abluzione e non sembrano avere alcuna precauzione verso cose e persone impure. Si contaminano al contatto di pagani e peccatori. Frequentano il mercato, pieno d’infedeli, e tornati a casa non si prendono cura di lavare quella bruttura incontrata.
Proprio così: per Gesù non c’è nulla d’impuro in ciò con cui si viene a contatto. La distinzione non riguarda più sacro e profano. La separazione non è più tra puro e impuro. Esiste un'unica differenza: quella tra santità e malvagità. I confini di queste inconciliabili forme di vita umana attraversano tutti e passano nell’interiorità della coscienza. “Dal cuore degli uomini escono le intenzioni cattive”. Il lungo e drammatico elenco delle malvagità, in forme più o meno evidenti, entrano anche nella nostra vita quotidiana. Quello è il nostro campo di battaglia. Lì possiamo decidere di lasciare spazio all’azione di Dio, che ci rende santi. Senza la vita concreta trasformata, il culto è opera vana.
Nulla è più importante che riconoscere la santità di Dio, onorare la sua misteriosa presenza, santificare il suo nome. Lui ben si merita il nostro culto, compiuto alla perfezione. Si aderisce a Dio, anche attraverso la nostra religiosa devozione. Per il credente che cosa può esserci di più bello che contemplare la sua invisibile presenza?
La malvagità, tuttavia, intacca e corrompe proprio le cose più belle. Il primo nemico del culto cristiano, infatti, è l’ipocrisia del bigottismo.
Bigotto è chi osserva assiduamente e scrupolosamente le pratiche del culto ma non ne afferra l'intima essenza religiosa. La sua pratica religiosa non cambia la vita. Il bigotto non si accorge degli altri. Non è però possibile parlare del Dio che si è rivelato-nascosto in Gesù, senza parlare nello stesso tempo della persona umana, creata a Sua immagine. Il bigotto non solo resiste all’azione di Dio, che dice di onorare, ma pretende di piegare a sé la sua azione. La sua preghiera è sempre interessata. Aderisce a Lui per averne dei vantaggi. Vive la religione come distinzione e separazione.
La verità di Dio che appare in Gesù, non oppone il cielo alla terra, il materiale allo spirituale, il visibile all’invisibile. Il sacro separa e ingloba. Il santo, invece, unisce e trasforma. Un’unica opposizione appare, infatti, sensata, quella che contrappone il presente al futuro, l’inizio al compimento, il “già” al “non ancora”.
Gesù ha capovolto la concezione della purità. Il nuovo criterio religioso è per lui la santità che si vive nella quotidianità del dono. L’apostolo Giacomo l’ha compreso nel modo più semplice: “Religione pura e senza macchia davanti a Dio nostro Padre è questa: soccorrere gli orfani e le vedove nelle loro afflizioni e conservarsi puri da questo mondo”.
Religione pura è quella che annuncia il Regno che viene.