L'amore segno di Dio


Il matrimonio cristiano vive un’evidente e duplice crisi: diminuiscono le unioni e in numerose città aumenta il divario tra la maggioranza di matrimoni civili e la minoranza di quelli celebrati in chiesa. Questa secolarizzazione dell’amore e della fede che lo celebra, è una ferita dolorosa per le comunità cristiane ma è anche una purificazione necessaria. Nel Sacramento del matrimonio si celebra questo amore, fedele ed esigente, come segno del mistero di Dio che si propone all’umanità in modo nuziale. Il riferimento essenziale all’amore totale e fedele di Cristo trasforma l’eros nel “mistero grande” della comunione con Lui: “Sicché non sono più due, ma una sola carne”.
Nella celebrazione cristiana delle nozze si compie, dunque, un doppio passaggio. Il matrimonio naturale avviene nell’ordine del “necessario”, (innamorarsi, desiderarsi, donarsi piacere, diventare moglie o marito); il Sacramento agisce nell’ordine del “più che necessario”, cioè del dono e della Grazia. Chi si sposa nel Signore scopre non solo che nel suo amore umano c’è qualcosa di divino, ma che nell’amore coniugale si esprime l’amore di Cristo per la Chiesa, com’è avvenuto il Venerdì Santo, quando amò i suoi fino alla fine (Gv. 13,1). Il rito cristiano annuncia che non si vive di solo pane, cioè di sole dinamiche affettivo-adattative, ma anche di dono e di Grazia. Esiste una netta discontinuità tra il matrimonio naturale e il dono della Grazia, un vero passaggio di “livello logico”. L’amore erotico è disponibile a sottomettersi a qualsiasi rinuncia ma non può accettare il sacrificio di sé. Può anche elevare la passione e l’intimità all’etica della reciprocità, ma se questa venisse meno, troverebbe inaccettabile assoggettarsi all’ethos e disumano continuare ad amare. La benedizione invocata sugli sposi che hanno manifestato pubblicamente il loro consenso (primo livello) esprime il loro totale abbandono all’azione del Padre (secondo livello): “trasfigura quest’opera che Tu hai iniziato in loro e rendila segno della Tua carità (…) perché, segnati con il fuoco dello Spirito, diventino Vangelo vivo tra gli uomini” (Quarta benedizione del rito del Matrimonio). Il regime della Grazia sorpassa la sapienza mondana che non può accettare la croce, né assumersi la responsabilità del peccato, né caricarsi il peso dell’altro. La strada aperta dal Sacramento è talmente stretta che solo a qualcuno è dato capire (Mt. 19,10-12). Quando Gesù ne parla trova l’incomprensione non solo delle folle ma degli stessi discepoli. Si accede a questo secondo significato, di tipo religioso, per dono divino: non solo attraverso una promessa ma mediante il rito liturgico che immerge nel mistero eucaristico della morte e risurrezione del Signore. Il segno sacramentale del matrimonio non è espresso, infatti, dallo scambio di un gesto affettivo ma dalle mani che si congiungono. Lo compie lo Spirito la cui missione è di ricomporre le lingue senza eliminare la diversità delle culture. Il mistero della croce, attualizzato nell’Eucaristia, è il luogo in cui la dinamica adattativa dell’attrazione sessuale accede alla verità dell’amore gratuito e fedele di Dio. In questo modo è salvaguardata sia l’autonomia del matrimonio naturale sia la Grazia come dono unilaterale e gratuito.
Questo è il comandamento nuovo dell’amore. Si accetta l’imprevisto della libertà, totalmente esposti al mistero dell’altro. Diventa così evidente fin dove può spingersi la fede nell’amore e quale radicalità può assumere la sincerità del giuramento d’amore: “Ti amo, ma non fidarti troppo di me, io non so amare. Non affidarti a me. Lui è l’amore. In realtà noi ci amiamo solo in Lui”. È la logica eucaristica: “Questo linguaggio è duro; chi può intenderlo?” (Gv 6,60). Tutto detto in una logica stringente. È possibile pensare al matrimonio sacramentale sul modello della rinascita battesimale, come la ri-creazione operata dallo Spirito Santo. Le famiglie cristiane si aspettano (e ne hanno pieno diritto) che la parrocchia sia ripensata e fondata sul sacramento del matrimonio e dalla sua inesauribile riserva di senso.


 




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