Il deserto: riposo e tentazione


Quando svolgiamo un lavoro pesante avere una pausa di riposo è di grande sollievo. La vita è sempre faticosa e distaccarcene un momento ritempera le nostre energie. Anche la mediocrità delle nostre giornate è sfiancante. Abbiamo bisogno di risollevarci.
La Quaresima è questo tempo di grazia per rigenerarci. È abitare un angolo di deserto, diventare più riflessivi per lasciar emergere le domande che ci rendono umani, anche quando ci tormentano. Questo spazio di rigenerazione è però anche un rischio: può diventare fuga da noi stessi, ricerca di soluzioni illusorie. Il deserto diventa subito “tentazione”. Capitò così anche a Gesù. Anche lui visse il tempo dalla scelta, tra il congedo dalla sua famiglia a Nazareth e l’inizio della sua missione di Maestro.
Possiamo riferire alla nostra vita le tre tentazioni che dovette superare, riportandole alle età della vita.
La prima riguardi in particolare gli adulti e si riferisce a una condizione normale della vita, «Quando furono terminati quei giorni, Gesù ebbe fame ». Tutti noi abbiamo fame! Non possiamo vivere senza le cose. Gran parte della vita dell’adulto è spesa in questa necessità: guadagnarsi di che vivere. Questo consumarci per le cose, crea in noi tormento e nervosismo. Ne sono colpiti in particolare i genitori. Per dare sicurezza e felicità ai figli essi sanno di doversi procurare una certa quantità di denaro. Questa necessità rischia di travolgerli come un vortice che risucchia senza scampo. Questo affanno non produce felicità per i figli. Il lavoro impegna molto e c’è poco tempo per stare in famiglia. A casa, anzi, si è spesso tesi, irascibili, preoccupati. Lavorare bisogna, senza però dimenticare l’essenziale: «Non di solo pane vivrà l’uomo!» La felicità richiede altre cose che, in confronto con il lavoro, appaiono inutili, inconcludenti, come pregare, conversare, riflettere, o, semplicemente, “fare niente”, per godere la presenza di chi amiamo.
C’è, poi, una seconda tentazione e riguarda il pensiero della morte, l’angoscia della vita che ci sfugge. Questo tormento lo vivono in particolare i giovani e gli anziani, per motivi diversi, ma ugualmente intensi. I giovani perché, nel pieno del loro vigore e della loro intelligenza, non possono evitare la domanda: Che farò della mia vita se poi si muore? Che senso ha la fatica del crescere se, poi, tutto tramonta e finisce? Che cosa posso fare che la morte non cancelli? La domanda è drammatica e si cerca in ogni modo di distrarla.
Gli anziani sono ugualmente costretti a porsi questa domanda. Avendo una vita meno impegnata dal lavoro e dalle preoccupazioni della famiglia, allora questo interrogativo emerge di più: «Cosa bisogna fare di fronte all’angoscia della morte?».
Non “scappare via”. «Solo al Signore tuo Dio ti prostrerai, Lui solo adorerai! ». Se spendi la tua vita per Dio, per le cose di Dio, puoi stare sicuro, la tua vita vale! Non verrà annullata dalla morte. Quanto invece alla potenza, alla gloria, all’immagine, alla figura, considera con attenzione: non valgono nulla! Si può uscire di casa, scivolare, cadere a terra e… non rialzarsi più! Altro che potenza, altro che gloria di tutti i regni! Per questo è importante vivere con intensità ogni istante: voglio coltivare ogni giorno solo ciò per cui valga vivere e morire. Così si affronta l’angoscia del tempo che passa.
La terza tentazione riguarda tutti, accompagna ogni età e oggi ha un consenso tanto diffuso da non apparire più una lusinga. Rimane tuttavia un tormento: l’ossessione narcisistica. “Devo pensare al mio interesse, al mio comodo”. “Devo scansare la fatica, ridere della pesantezza della vita: prendere della vita solo il piacevole, buttare via il cascame”, “Mi devo assolutamente divertire”. La gratificazione istantanea diventa criterio di vita. Il paradosso del “dovere di piacere” però funziona solo per qualche momento. «Non tentare il Signore Dio tuo»: non pensare di farti dio, ti che sei creatura. Solo se spendi la tua vita per gli altri e per Dio, davvero realizzi felicità e gioia per te e per gli altri. La soluzione che il vangelo propone è amare gli altri come se stessi, dimenticarsi per finalmente ritrovarsi.
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