Bisogno di speranza
Il tempo profetico di oggi, i segni dei tempi da cogliere, come in terra straniera fece Baruc, riguardano quindi la speranza. Bisogna organizzare la speranza.
Sono due i modi possibili per rispondere alla sfida depressiva dei nostri giorni: l’indignazione e un sussulto di creatività per immaginare e inventare qualcosa di nuovo. Entrambe le strade sono necessarie, ma sono vie diverse. La prima trova il suo modello, nel percorso biblico dell’avvento, in Giovanni Battista, la seconda è la strada innovativa di Gesù.
Lo stile di vita e il modo di parlare del Battista è molto duro. La sua è una parola forte, tagliente. Il suo modo di vivere è esageratamente povero, provocatorio: porta un vestito di peli di cammello, si ciba di locuste e miele selvatico.
Giovanni vive nel deserto; è la gente che lo va a cercare, quei pochi che ammettono sinceramente la loro colpa e vogliono cambiare vita.
Gesù sarà sempre ammirato da questa figura di maestro: lo chiama «il più grande trai i profeti».
Gesù tuttavia non si comporta come lui. Non va nel deserto a predicare e non si veste di peli di cammello. Ama stare con la gente, percorrere le strade e le piazze, fermarsi a mangiare insieme con coloro che lo invitavano.
La parola di Gesù, eccetto poche occasioni, non è dura come quella di Giovanni.
Quello che Gesù vuole annunciare non è tanto l’ira imminente ma l’amore del Padre: di un padre che va a cercare, e che ama infinitamente i suoi figli, li chiama.
Quando si troverà di fronte all’adultera, Gesù la tratterà con molta delicatezza: «Nessuno ti ha condannata e neanch’io ti condanno. Va’ e d’ora in poi non peccare più ».
Egli parla di misericordia e non di ira e di vendetta.
Perché questo cambiamento? perché Gesù si comporta in maniera tanto diversa?
Si può essere tanto poveri da non sopportare neppure più l’indignazione. L’anima può essersi tanto appesantita ma non riuscire più a risollevarsi sotto il pungolo di parole forti e giusti ma troppo esigenti per chi si è rassegnato al nulla.
Gesù è venuto a offrire un riscatto, a portare un dono, ad annunciare un tempo di Grazia che noi non riusciamo neppure più a immaginare.
Tuttavia per arrivare a Gesù è necessario, dice il Vangelo di oggi, passare attraverso Giovanni, il Battista. Il riscatto è Grazia e ci previene. Per trasformare il mondo (a cominciare dal nostro paese) questo dono però deve moltiplicarsi in una rete di nuovi pensieri, di piccole azioni, di gesti quotidiani, per aprire un varco di creatività e fantasia, proprio come evoca il linguaggio di Baruc, il profeta dell’esilio.
Come e dove s’incontra il Cristo vivente? Certamente nell’Eucaristia, fonte e culmine della vita cristiana. L’’eucaristia innanzitutto si narra perché storia (di donazione totale, pane spezzato e distribuito, racconto di amore divino estremo). Poi si adora. Si sta lì, come sta il fiore davanti al sole, a cui tende le foglie per nutrirsi di luce. Al contrario del fiore, chi sosta in adorazione sa che la bellezza e il profumo di cui si adorna, a immagine del fiore (Mt. 6, 28), proviene dall’alto. La riconoscenza si accompagna alla sensazione e al gusto di un’intima serenità. È la dolcezza di non sentirsi più lasciati al caso e al caos della vita ma di sapersi frutto di un atto d’amore, opera di un dono affidato poi alla propria responsabilità e libertà. Si sta lì, senza dire nulla, se non per sapere (richiamare alla memoria) che si esiste in virtù di un dono. Si riconosce il Donatore. Si rimane in silenzio perché continui, ininterrotto, l’eco della donazione.
Cosa si contempla nell’ostia? Dio nascosto in un po’di pane. Un frammento privo di valore, come il pane sulle nostre tavole, a volte sprecato e buttato. Allo stesso modo Gesù è stato ignorato, non tenuto in considerazione, perseguitato, deriso, rifiutato, torturato e condannato a morte.
Nella contemplazione del pane eucaristico, si impara a incontrare coloro che non contano nulla nella società, coloro che, come Gesù, sono considerati scarti. Coloro che la voce forte di Giovanni il Battista chiedeva di difendere e riscattare.
Così, ancora, Gesù e il “più grande tra i profeti” si rimandano reciprocamente.