Il sacro e il santo
Incontrare Dio è il desiderio di tutta la Bibbia, l’interrogativo che la percorre da un capo all’altro.
Ma dove incontrarlo? Nello spazio sacro del tempio. Era la prima risposta al tempo di Gesù, nella sua terra. E il come incontrarlo lo raccontava lo spazio stesso dell’architettura del tempio. Al centro della costruzione era posto il Santo dei santi, la tenda che custodiva l’arca e le tavole della Legge. Qui vi poteva entra solo il sommo sacerdote, una volta l’anno. Attorno quello spazio sacro c’è il posto esclusivo dei sacerdoti e dopo di esso, sempre ben tracciato e separato quello degli ebrei. L’ultima porzione di spazio era lasciata ai pagani. Era evidente il messaggio: s’incontra Dio nello spazio del sacro, si arriva a lui di separazione in separazione. Il sacro divide lo spazio del puro dall’impuro. Il sacro è separazione. Poco frequentato era il luogo del tempio riservato ai pagani. Lo occupavano così i mercanti del sacro. Era evidentemente un abuso e Gesù ha buon gioco a liberarlo con zelo e determinazione, dice il vangelo di Giovanni. La sua rivoluzione però è molto più profonda e riguarda l’intera concezione ed esperienza del sacro. Cadono tutte le barriere, sono eliminate le divisioni delle diverse “separazioni”. Come avviene nelle nostre chiese: apri una porta e ti trovi direttamente di fronte al Santo dei santi (il "Santissimo" nel tabernacolo) senza nessuna mediazione. Nessuna separazione e nessun controllo.
Il “sacro” non ha più alcun valore, sostituito completamente dal “santo”, cioè dalla vita spesa in amore. Dio si trova negli ultimi dei fratelli. Se non lo incontri lì, inutile cercarlo nella separazione dei luoghi e dalle contrapposizioni delle gerarchie. Il programma di Gesù, maestro autorevole comporta di “uscire dal tempio”: abbandonare le contrapposizioni e vivere da fratelli. “Egli infatti è la nostra pace, colui che ha fatto dei due un popolo solo, abbattendo il muro di separazione che era frammezzo, cioè l'inimicizia, annullando, per mezzo della sua carne, la legge fatta di prescrizioni e di decreti, per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo” (Ef. 2,14-15). I discepoli sono mandati nel mondo, a immergersi nella sua miseria con il lievito nella pasta, a contaminarsi con gli "impuri" per dare sapore alla vita, a confondersi con gli umili, a condividere la vergogna degli esclusi. Come ha fatto il Maestro.
Radicale è la liberazione del vangelo: “«Credimi, donna, è giunto il momento in cui né su questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre. (...) Ma è giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; perché il Padre cerca tali adoratori. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità». (Gv. 4,21-24).
Vera religione è quella interiore che trasforma la comunità umana. La si celebra nella comunità liturgica delle sorelle e dei fratelli di Cristo.
Gesù non si fida del sacro (lo dice espressamente il testo) perché è uno spazio tutto umano, centrato sul bisogno di sicurezza e di gratificazione emozionale. La santità è una strada molto più difficile perché passa attraverso la croce, considerata follia e stupidità (lettera di Paolo). Essa però è l’unica strada che porta alla vita. Il vero tempio infatti è Gesù, distrutto dal peccato del mondo ma, dopo tre giorni, vivo per sempre.
14 Marzo SPIRITUALITÀ DEL BENE COMUNE
Perché i credenti si appassionano di economia.