I nomi scritti in cielo
Dopo una notte passata in preghiera, Gesù, tra i molti discepoli che lo seguivano ne scelse dodici e li chiamò "apostoli". Ne conosciamo i nomi. Testimoni del tempo hanno riferito a Luca che il Signore aveva designato un gruppo di discepoli anonimi: sono i settantadue, come il numero delle famiglie dei figli di Noè che ripopolarono la terra dopo il diluvio (Gen 10). Gesù li aveva inviati "avanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi". Le istruzioni date loro sono identiche a quelle ricevute dai dodici. Anche il contenuto del messaggio loro affidato è uguale. Sono incaricati di annunciare l’evangelo e non solo di preparare materialmente il passaggio di Gesù.
Questi particolari non sono secondari. La chiesa delle origini ha dato continuità ai dodici, chiamando i loro successori “vescovi”. Prese presto coscienza che i successori dei settantadue erano tutti i discepoli. Luca ha visto, nella missione dei settantadue, una prefigurazione di ciò che è avvenuto dopo la Pentecoste. Allora, certi discepoli, denominati anch'essi apostoli, sono stati investiti dello stesso ministero.
I ruoli nella comunità sono diversi ma il compito è unico: annunciare la vicinanza di Dio, dire che una cosa è quella che conta: amare.
I settantadue sono quindi le primizie dei missionari e degli evangelizzatori. Il battesimo fa dei cristiani un popolo di evangelizzatori destinati a tutto il popolo, testimoni che portano la pace di Dio a tutte le genti, fino al giorno in cui satana, definitivamente vinto, "cadrà dal cielo come la folgore".
Questi inviati del Signore percorreranno tutta la terra e non solo le città e le località del piccolo paese dove Gesù ha esercitato personalmente il suo ministero. Luca ricorda la presenza di donne accanto a Gesù, ai piedi della croce e al momento della sua sepoltura. E sono sempre le donne a ricevere per prime la notizia della risurrezione e a portarla ai discepoli. Da parte loro, gli Atti degli apostoli ricordano altre donne che hanno giocato un ruolo importante nelle prime comunità cristiane; di alcune di esse si è conservato il nome.
La missione dei settantadue offre così, l'immagine chiara della Chiesa missionaria voluta dal Signore.
Le parole che Gesù rivolge ai discepoli prima di inviarli in missione non sono parole facili. Non nascondono la portata e la difficoltà del compito. Prima di tutto, Gesù annunzia loro che il compito è smisuratamente grande, troppo vasto per il numero degli operai. “La messe è molta, ma gli operai sono pochi”. I discepoli di Gesù sanno in precedenza che si impegnano in un’avventura nella quale si troveranno sempre in minoranza. Il loro numero non sarà sufficiente. E non solo il numero, ma anche le loro forze e le loro capacità. L’immagine è davvero eloquente: “Andate! Ecco io vi mando come agnelli in mezzo ai lupi”. Niente di più pericoloso, di più insensato. In mezzo ai lupi, l’agnello parte perdente, perdente in precedenza.
Alla partenza i mezzi sono più che scarsi: “Non portate borsa, né bisaccia, né sandali”. I discepoli di Gesù non si caricano di cose inutili. Non fanno affidamento su relazioni umane che potrebbero essere utili a tempo opportuno: “ Non salutate nessuno lungo la strada”.
Anche le prospettive sono incerte. Riuscirà? Sarà accolto? Gesù non lo promette. Parla di due eventualità egualmente possibili: che il saluto di pace proferito dai discepoli trovi un amico di pace, e possa dimorare nella sua casa. Ma non è esclusa l’altra alternativa: che il discepolo sia respinto. Inutile allora insistere, dice Gesù. Occorre sopportare il rifiuto, allontanarsi e non portare via niente, proprio niente: “Anche la polvere della vostra città che si è attaccata ai vostri piedi, noi la scuotiamo contro di voi”.
I discepoli non devono lasciarsi scoraggiare dalla cattiva accoglienza che possono ricevere: si comporteranno come il Signore. A coloro che li ascoltano essi portano i beni più preziosi: la pace di Dio, la liberazione dalle forze del male, di cui le guarigioni degli indemoniati e dei malati sono segno e promessa.
Il messaggio da trasmettere è eccessivamente breve, esprime l’essenziale senza una parola di troppo, fatto contemporaneamente di parole e di gesti, gli uni che confermano e spiegano le altre. Prima la parola: una breve frase: “Il Regno di Dio è vicino”. Dopo, il gesto necessario: il servizio. Guarire gli ammalati, prendersi carico dei poveri, immedesimarsi con gli sventurati è parte integrante della missione. Come dire diversamente che Dio è Padre e che quello che conta è amare?
Questa fu la pastorale alle origini, quella che Gesù in persona trasmise ai suoi discepoli. È semplice, ma nello stesso tempo sconcertante perché non fa alcun riferimento alle molte cose di cui sembra che ci si debba servire allorché si vuole riuscire in un’impresa tra gli uomini. In realtà, non si tratta di un’impresa umana, si tratta del Regno di Dio.
Non si sa come... ma il risultato si vede. Come appariva chiaramente alla comunità di Luca.
Questo risultato però non si misura. Sarebbe vanità. È sufficiente sapere che così si fa la cosa giusta, quella che sta a cuore a Dio, che scrive il nome sul palmo della sua mano.