Vivere diversamente


Allora i suoi, sentito questo, uscirono per andare a prenderlo; poiché dicevano: «E' fuori di sé». L’osservazione sintetica di Marco, non ha bisogno di commento. Neanche i suoi, capiscono Gesù. La sua originalità è assoluta, fuori da ogni riferimento concreto. Novità assoluta la sua persona, la sua azione, la sua parola. Nello stesso tempo universale: tutti ne possono partecipare: “Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre”.
Il vero non ha bisogno neppure della propaganda: parla da sé.
Eppure la novità della vita è molto difficile da reggere. L’io e l’io-massa si organizzano per resistere a oltranza. Un modo di opporsi è di considerare l’altro un “pazzo”. Così dicono di Gesù. Sarà forse per questo che Gesù amava in particolare la compagnia dei “pazzi” che con estremo disprezzo la gente di allora chiamava “indemoniati”. In questo modo si salva la pigrizia dell’Io (ben difesa dall’Io-massa) che non vuol cambiare e preferisce la mediocrità allo splendore del vero. Così però si preclude ogni possibilità di senso alla propria esistenza: “sarà reo di colpa eterna”.
Coerente con il modello di vita del suo Maestro, la comunità cristiana si sforza di porsi in una prospettiva di dialogo e accoglienza verso tutti ma cerca di non perdere la sua profezia e non nascondere la sua differenza. Vuole diventare uno spazio sociale in cui radicare la memoria cristiana, pur sapendo che questa è e sarà sempre dirompente e conflittuale (“Se hanno perseguitato me...).
Si rivolge al territorio non con proclami o ideologie “utopiche” generiche e astratte, che non disturbano nessuno, ma si pone come “eterotopia”, come uno spazio, cioè, che ha la particolare caratteristica di essere congiunto a tutti gli altri, ma in modo tale da “sospendere, neutralizzare o invertire l’insieme dei rapporti che essi stessi designano, riflettono o rispecchiano” (M. Foucault). I cristiani “sono nel mondo ma non del mondo” (Gv. 17), stupiscono perché vivono “diversamente”. Come si addice alla sua missione, con il suo agire diventa un simbolo vivo, leggibile e praticabile. I cristiani sono persone che s’identificano in una memoria e la trasmettono. Si sentono inviati a tutti: il linguaggio e la pratica cosmopolita della comunità solidale rendono la parrocchia un’espressione limitata ma efficace della Chiesa come corpo dell’umanità.
In questo modo la comunità diventa un “luogo che parla da sé”, un simbolo che non solo rappresenta ma che opera, dove la religione civile si trasformi alla fine in religione popolare, visibile, semplificata ed essenziale.
L’eterotopia è l’equivalente sociale del simbolo: fa quello che dice (la testimonianza) mentre dice quello che fa (la memoria viva di Cristo). Quest’azione non può che essere rottura dell’ordine (psicologico e sociale) costituito. Di qui le conseguenze: «E' fuori di sé».
Testimoniare la presenza del Risorto è proprio questo: trascendere il mondo. Il linguaggio evangelico dell’amore è la stessa cosa: uscire fuori da sé.

 




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