Vivere da giusti
Per entrare nella pagina evangelica, difficile e provocatoria, di oggi ci viene in aiuto la lettera agli Ebrei. Dobbiamo tenere “fisso lo sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della fede”. L’eucaristia è questo: non perdere lo sguardo all’invisibile presenza. Tutto il resto (testi, preghiere, canti, fiori, luci e colori…) è in funzione di un incontro reale che ci afferra e ci guarisce. In questo incontro avviene, infatti, un evento sensibile: ci è “posta innanzi la gioia”, come avvenne per Gesù. La gioia non è un piacere transitorio, non è neppure la felicità piena e intramontabile della comunione definitiva con Dio. Gioia sono sprazzi di felicità che ci raggiungono, senza che li possiamo produrre noi, quando facciamo ciò che è giusto, come fece Gesù quando “si sottopose alla croce”. Non tela puoi dare, te la trovi, come conferma di una vita spesa bene.
Fare il giusto tuttavia non è solo difficile in sé, in confronto alla strada larga del compromesso. È anche una condizione che paradossalmente produce spesso ostilità e disonore (ignominia). Il comportamento puro, trasparente e coerente produce inimicizia fino all’odio. Il giusto è insopportabile. La sua sola presenza è una contestazione del compromesso, della mediocrità, della bassezza. L’esempio di Geremia è paradigmatico: “Si metta a morte questo uomo, perché egli scoraggia i guerrieri e tutto il popolo dicendo loro simili parole”. Geremia dice il giusto, non ciò che potere e popolo vorrebbe sentire. Il profeta riporta sempre alla realtà; smaschera le illusioni. “Allora presero Geremia e lo gettarono nella cisterna di Malchia”. Più violenta ancora la fine di Gesù. Non aveva altro messaggio che l’accoglienza e l’amore; non altra pratica che il servizio ai piccoli e ai poveri. Contro di lui si abbatté “una così grande ostilità” da inchiodarlo alla croce.
Perché questa assurdità? Perché per il bene ricevere il male? È un “mistero di iniquità” commenta s. Paolo. In un mondo perverso (l’ostilità dei peccatori) il giusto non può che soffrire. Certo, la parola di Gesù è sempre stata tagliente, pura, estrema: “Sono venuto a portare il fuoco sulla terra”. Il Maestro è sempre stato lucido fin dai suoi primi passi sul destino dei giusti: “C'è un battesimo che devo ricevere; e come sono angosciato, finché non sia compiuto!”
Gesù non ha mai voluto divisioni: ha sempre andato verso tutti. Ha mangiato anche con scribi e farisei. Non ha mai parlato che di unità e fratellanza. È vissuto per gli altri; ha contrastato ogni pregiudizio… Era persona giusta (“maestro buono…”). È vissuto per il vero.
Che cosa dobbiamo fare noi? Non “perderci d'animo”, resistere anche “fino al sangue” nella lotta per il giusto e il vero. Come Gesù.
L’eucaristia è la nostra pace, la nostra gioia, nei conflitti e nella lotta per vivere da giusti.