Differenza e inclusione


Con la solennità della Pentecoste si è concluso il tempo forte della Pasqua. Con la festa di oggi iniziamo il tempo della normalità.
Durante la Quaresima e la Pasqua, l’attenzione si è rivolta sul dono della vita di Cristo ,sulla speranza che viene dalla nostra fede. Con il tempo della “normalità” lo sguardo deve essere rivolto alla nostra vita concreta.
La nostra esistenza vive continue alternanze: il giorno e la notte, l’inverno e l’estate, il festivo e il feriale... Se ogni giorno fosse festa, paradossalmente non sarebbe mai festa, né si può dire che il feriale sia più povero del festivo. Ogni tempo richiede il suo opposto. I tempi forti della fede confluiscono e trasformano la normalità dello svolgersi della vita.
Il credente si impegna tutti i giorni, invocando la forza dello Spirito Santo per diventare come Cristo (“cristiano”) e così dare gloria a Dio, il Padre.
Ecco la Trinità di ogni giorno!
Lo stesso percorso avviene nell’Eucaristia: attraverso lo Spirito Santo, nello Spirito Santo, si offre al Padre il sacrificio del suo Figlio Gesù, per rendergli gloria.
Il mistero della Santa Trinità è una realtà da vivere nella ferialità e da celebrare come festa settimanale per trasformare la vita e dare gloria al Padre.
La Trinità è però anche il più importante dono che la comunità credente possa offrire al mondo perché contiene le indicazioni essenziali perché la nostra convivenza, familiare e sociale, cresca costantemente in umanità.
“Generazione” è la prima parola della fede. Dio è Padre perché genera, il Cristo è Figlio perché generato (“non creato”), lo Spirito Santo “dà la vita”. La Bibbia si apre con un canto sublime alla vita. Siamo nati dalla vita, destinati alla vita. Creare significa produrre qualche cosa, come Dio Padre ha fatto con l’universo. “Generare” è altra cosa: è l’esperienza dove l’umano più si avvicina al divino: realizzare se stessi dando la vita all’altro. Il compimento assoluto della generazione avviene nell’amore trinitario. L’Amoris Laetitia ha aperto una strada per la chiesa di oggi: diventare un grembo generativo. C’è una maternità-paternità che non si esaurisce in famiglia, ma si sporge e raggiunge anche i figli degli altri. Generare è prendersi cura del mondo, è entrare attivamente nella storia. La vita umana non è stata “gettata” casualmente lì; è stata voluta, donata. Si viene al mondo da un atto d’amore. Senza un amore continuo, quotidiano, il cucciolo dell’uomo non sopravvivrebbe, si lascerebbe morire. Noi siamo ciò che gratuitamente riceviamo, più che ciò individualisticamente perseguiamo.
“Una sola natura in tre persone”: così la tradizione cristiana ha definito il Dio-amore. Dio è Uno ma, allo stesso tempo, è comunione di Persone. Uno e tre. Uno attraverso l’Altro, Uno davanti all’Altro. Senza separazione e senza confusione. Fondamento e caposaldo dell’umano (fatto a immagine divina): essere ognuno diverso e uguale, vivere le differenze e comporle in unità. Sentirsi persone uniche e originali attraverso l’amore dell’altro. Differenza e inclusione. È il sogno di Cristo, per compiere il quale ha dato la vita: “Che siano tutti uno; e come tu, o Padre, sei in me e io sono in te” (Gv 17,21). Pluralità e unità: la fede è lievito della storia.

 




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