Essere profeti
“Egli confessò e non negò”. Confessò dicendo: «Io non sono il Cristo» Così si presenta Giovanni il Battista. La sua testimonianza è una negazione: “Io non sono”.
Anche il cammino della nostra rigenerazione inizia non con un’affermazione (un proposito, un atto di buona volontà) ma con una negazione: “Io non sono buono, non sono giusto, non sono capace...). Questa lucida ammissione permette di vedere chi invece è: “Ecco l'Agnello di Dio...”. Il Battista lo indica con trasparenza totale (come lo raffigura l’indimenticabile “ditone” di Giovanni Battista nella Crocifissione di Matthias Grünewald a Colmar). “Io non sono”, “Lui è”. Io sono solo “voce” (Gv 1,23)
Nel secondo giorno Giovanni rende testimonianza “Dopo di me viene un uomo che mi ha preceduto... E io ho veduto e ho attestato”. La vocazione cristiana è far conoscere Lui. Questo avviene se posso anch’io affermare “Ho visto e do testimonianza”.
Nel terzo giorno si compie un altro passaggio: “Io non sono”, “Lui è”, “entra nella mia vita”. Di conseguenza: “Bisogna che egli cresca, e che io diminuisca. (3,22)”.
Crescere e diminuire: il lavoro spirituale di tutto l’anno, vedendo nelle fasi stagionali la metafora della regola essenziale della fede: crescere e diminuire. Crescere come il sole, dal solstizio d'inverno (Natale), diminuire come le giornate dal solstizio d'estate (festa di san Giovanni Battista).
Il Natale è precisamente Dio che entra nella vita umana. La chiesa primitiva parlava della divinizzazione dell’uomo, come cantiamo anche noi a Natale: “Dio si è fatto come noi, par farci come lui”.
Se Lui entra nella mia vita, allora il cammino di trasformazione si compie: si diventa come Lui. Non sono più io che vivo, è Cristo che vive in me, come testimonia S. Paolo. Nella divinizzazione a opera della Grazia anche “Io sono”.
“Io non sono”, “Lui è”, “entra nella mia vita”, allora "Io sono". Non ci sono parole più semplici e complete per dire il Natale.
Giovanni il Battista è il modello del profeta. La condizione normale del profeta è l’insuccesso. la sua parola è sempre sconfessata, la terra promessa non ancora raggiunta. Lo accompagna la crescente sensazione di fallimento e sofferenza. Si ritiene solo una voce. Nessun profeta è padrone della parola che deve dire. Il profeta ha solo due certezze: che è ancora notte e che l’alba arriverà. Egli non nega né la notte, né l’alba. Non è venditore di parole. Non annuncia futuri che non conosce. Il profeta è un abitante della notte.
È molto difficile essere profeti ma senza profeti la terra è inospitale e triste, senza futuro e senza passioni