Non mollare!


“Si avvicinarono a Filippo alcuni Greci e gli chiesero: "Signore, vogliamo vedere Gesù".
Ci sono degli stranieri che hanno sentito parlare di Gesù e vorrebbero incontralo per sentirlo, interrogarlo, stare con lui. Sono attratti dalla sua persona.
Filippo e Andrea sono imbarazzati: il Maestro aveva detto di voler stare nei confini del popolo ebraico. Portano comunque la richiesta a Gesù.
La sua risposta è sorprendente: “finalmente è arrivato il momento! È giunta l'ora!”. Sembra che tutto il percorso precedente fosse orientato a questo incontro, trovassi nell’incontro con gli “stranieri” il suo finale. E’ l’ora decisiva, quella che non era ancora matura al tempo delle nozze di Cana. Gesù ne indica con chiarezza i motivi: “Io quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me". Stanno arrivando i greci, attratti da lui, è quindi giunta l’ora di essere “elevato da terra” sul legno della croce. E’ quello il punto culminante, quello della gloria del Padre, dello splendore della verità, della legge della vita. È anche la strada dei discepoli: “Dove sono io, là sarà anche il mio servo”.
Gesù non attendeva altro che questo momento culminante. Lo afferma il vangelo di Luca: “Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi” (22,15). Ho desiderato con tutto me stesso l’ora di questa morte!
Gesù però amava la vita: il suo desiderio si mescola all’angoscia: “Ora l'anima mia è turbata”. Si affaccia l’ora della tentazione. Gesù è attraversato da un istante di dubbio: “e che devo dire?”. Lasciar perdere? Mettere tutto in discussione: “Padre, salvami da quest'ora?”. Avrebbe potuto farlo. Bastava rinunciare a parlare, ritirarsi a vita privata, sparire. Per i giudei nemici era sufficiente a ritirare la loro condanna a morte.
Ma è solo l’ombra di un istante. Non si sono dubbi né incertezze: “Ma per questo sono giunto a quest'ora!”. La croce è la “logica” conseguenza della vita e della missione di Gesù. Testimoniare il vero, a costa del sangue. È la verità che fa liberi, diceva Gesù. Sta lì la gloria (non l’onore mondano, ma il “peso”, la consistenza della vita: ”Padre, glorifica il tuo nome".
Le conseguenze di questa splendida pagina sono evidenti.
La prima è l’arrivo deli “greci”: la forza della fede sta nell’attrazione che essa esercita verso gli “stranieri”, gli “estranei” in ogni senso. La chiesa è estroversa, sempre “in uscita”.
La seconda riguarda la lotta interiore personale. Appena la vita si fa dura si affaccia subito la tentazione dell’angoscia: mollare, lasciar perdere, scegliere strade più sicure...
Avere fede significa amare le cose difficili, non tirarsi indietro quando le scelte sono esigenti. Non mollare.
Venne allora una voce dal cielo: "L'ho glorificato”. Eppure era il fondo del disonore e della vergogna (nulla di più infamante della condanna alla crocefissione!).
La dignità della vita (il suo “peso”) è la coerenza, la sua potenza è la fedeltà

 




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