Forza dei martiri
Nei primi secoli si diventava cristiani nell’Impero romano che si estendeva al mondo conosciuto. Questo immenso potere era governato dalla forza e dalla religione. Roma non si pronunciava sui singoli culti. Tutti erano accetti purché tra le divinità comprendessero anche l’Imperatore e a lui esprimessero devozione. In caso contrario era la persecuzione fino alla morte. Orsola e le sue amiche ne sono la testimonianza giunta fino a noi.
Nonostante questo i cristiani non divennero né sovversivi, né apolitici. Nelle case come nelle catacombe ogni giorno pregavano per l’imperatore e le autorità che li perseguitavano.
I potenti si possono invidiare o si possono combattere. I cristiani scelsero di pregare per loro, per il bene della gente. Davanti all’Onnipotente le potenze del mondo sbiadiscono e non fanno paura.
Rendere a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio è diventato il principio ispiratore di tutta una storia che ha percorso duemila anni. Dio e Cesari, due signori non commensurabili e, nello stesso tempo, due riferimenti egualmente essenziali per l'ordinamento civile, fondato sul diritto e il Regno di Dio, dono della Grazia. Senza confusioni né separazioni. Cittadini e credenti. Passione per la giustizia e sequela di Gesù. Doppia fedeltà secondo la via evangelica.
Questa strada è, in fondo, quella che secoli fa è stata individuata dai cittadini e dai credenti di Poirino quando decisero di affidare la città a Sant’Orsola, come celebriamo nella solennità di oggi. I nostri antenati hanno scelto lei come modello di vita della nostra città. Non conosciamo molto della sua storia che si perde nella leggenda. Sappiamo solo che nel III-IV secolo fu martirizzata a Colonia in Germania, con un numero imprecisato di amiche. Gli antichi racconti della sua vita riportano anche il messaggio che quelle ragazze coraggiose si sentirono rivolto: “Riceverete la corona di giustizia, a motivo della testimonianza che avrete reso a Dio”. Si muore martiri perché si è giusti e non si accettano compromessi davanti alla barbarie, all’ignoranza e alla violenza. Quando si è giusti, anche se umiliati, sconfitti e uccisi, si è sempre vincitori. Per questo la nostra santa è rappresentata come una principessa, in abiti regali, con la corona in testa. Porta la palma del martirio e la bandiera della vittoria. Le persone giuste lasciano sempre un segno indelebile nella storia. Chissà quante chiese in tutta Europa celebrano la festa di s. Orsola!
La Bibbia per indicare che una persona è santa, dice che è giusta, che è “come deve essere”. Sentirci affidati a S. Orsola significa quindi volere una città giusta, coraggiosamente giusta. Questo significare innanzitutto prenderci cura della nostra città. Per essere giusti occorre non essere interessati solo ai vantaggi personali ma guardare la città dalla prospettiva del bene comune. Oggi non riusciamo a vedere dov’è la giustizia perché ci manca l’idea di bene comune, grande assente dalla civiltà dei consumi e finanza. Eppure, nessuno come nell’era contemporanea ha conosciuto i mali comuni: guerre mondiali, terrorismo, distruzione atomica, inquinamento, deterioramento del clima. Non abbiamo imparato la giustizia ed è passata la civiltà dell’interesse privato e dei mali comuni. Si ristabilisce la giustizia quando si agisce a favore dei bisognosi, degli sfortunati, degli oppressi. Lo gridavano i profeti: “Cercate la giustizia, soccorrete l’oppresso” (Is 1,16). Le esperienze religiose che dimenticano i poveri al punto da non vederli non sono fede ma idolatria. Si può diventare idolatri anche insieme ai poveri, ma non si segue il Dio biblico senza i poveri.
I modi di aiutare i poveri sono infiniti, come tali sono i loro volti. Nella nostra città abbiamo molte sollecitazioni. C’è l’Istituto Geriatrico, tradizione davvero meritevole di accoglienza degli anziani. S. Orsola divenne la protettrice non solo dei malati e di chi è costretto a fare lunghi viaggi (come capitò a lei) ma anche degli educatori e delle università. Poirino ha una grande tradizione di educazione. I nostri predecessori ci tenevano. Hanno voluto l’Istituto Amaretti, per diffondere l’educazione secondo il carisma della carità rosminiana. Hanno costruito un oratorio spazioso e bello per l’aggregazione e la formazione di ragazzi e famiglie.
A una tradizione meritevole di opere di giustizia si dovranno oggi aggiungere oggi nuovi progetti, soprattutto a favore dei giovani, del loro presente scolastico e del loro futuro lavorativo. È giustizia anche la preparazione dei giovani alle nuove sfide del lavoro. Il carisma di S. Orsola è, dunque, quanto mai vivo!