Sobria ebbrezza
C’è molta gente, oggi, che, ogni tanto, sente il bisogno di “stordirsi”, di trovare qualche ebbrezza particolare, di modificare lo stato della propria coscienza, di esagerare. E non lo fa solo con l’alcool o con le droghe, ma con un’infinità di altre cose che sono a nostra disposizione.
Si può trovare l’ebbrezza nella velocità; ci si può stordire di lavoro; si può essere presi dalla voglia di fare acquisti, di consumare; si sente il bisogno, come si dice in gergo, “di andare fuori”, di provare qualcosa. È come se si avesse la sensazione che ciò che si ha a disposizione non è sufficiente: non basta più il lavoro, la casa, non bastano le persone con le quali si sta insieme, ci si incontrano, che a volte, sarebbe troppo chiamare “amici”.
C’è in questo comportamento così diffuso, qualcosa che ci interessa, che ci riguarda.
Anche per noi cristiani la vita normale non basta. Anche noi siamo convinti che non si può vivere solo di lavoro, cercando sempre di rispondere a tutte le cose che gli altri vogliono da noi. Anche noi cerchiamo qualcosa che riguarda l’ebbrezza. D’altra parte i primi testimoni, i primi cristiani, il giorno della Pentecoste, non sono stati forse scambiati per persone che avevano esagerato con il vino? E non aveva forse Gesù scelto proprio il vino per indicare la forza, l’ebbrezza del suo sangue, del suo Spirito?
Sì, lo Spirito si presenta così: come ebbrezza. La sobria ebbrezza di Dio.
Nulla a che vedere con l’ebbrezza delle droghe... Ma neanche con la mediocrità di una vita spesa senza entusiasmo, senza senso.
Cerchiamo un cristianesimo gioioso e forte.
Qual è l’ebbrezza dello Spirito? Attraverso quali strade s’incontra?
Vorrei indicarne tre, tra le tante di cui è la Parola c’ispira
Una prima strada potremmo indicarla nel sacramento del fiore del campo…
« Guardate il fiore del campo…», diceva Gesù.
Noi cerchiamo la felicità ma non ce la possiamo dare da soli; dobbiamo essere come il “fiore del campo” il cui segreto è aprire le proprie foglie al sole e… lasciarci invadere dalla luce. Il sole raggiunge il fiore fin nell’intimo delle sue radici e lo veste di bellezza e di profumo.
Noi siamo solo un grumo scuro di terra. Il seme che il Signore ha messo in noi può fruttificare e, se orientiamo al sole le foglie, la vita ne rimane invasa e la gioia e la felicità.
La vita nello Spirito è stare davanti al Signore come il fiore sta davanti al sole. Il segreto della vita cristiana è nutrirci di luce.
Una seconda ebbrezza la possiamo indicare nella metafora del sacramento del bouquet di fiori. È l’ebbrezza dell’essere una cosa sola, mantenendo ognuno con la propria diversità.
Viviamo in un mondo di forti individualismi, dove si prova sempre di meno l’intimo, piacere della comunicazione, dell’affetto, dell’amicizia, dello stare insieme, diversi e in comunione. Lo Spirito non ci fa tutti uguali. Ognuno rimane se stesso sentendosi nativo nella vita (nella lingua) dell’altro.
Un ultimo segno della presenza dello Spirito potremmo chiamarlo “il sacramento della stretta di mano”.
Sono importanti le nostre mani. Con le nostre mani possiamo esprimere sentimenti, emozioni.
La mano che accarezza, la mano che stringe, che afferra, che accompagna; che avvolge e dà calore... Nella Liturgia cristiana, infatti, lo Spirito è trasmesso con l’imposizione delle mani per indicare l’amore infinito di Dio che ci prende, ci avvolge, ci accarezza, ci accompagna. Lo Spirito avvolge, accarezza e guarisce. E’ l’ebbrezza che cambia il mondo.