Venga il tuo Regno!
Per comprendere correttamente il titolo che la liturgia attribuisce oggi al Cristo chiamandolo “re”, bisogna riferirsi alla tradizione biblica del Dio re-pastore. Le tribù d’Israele volevano un re, come tutti gli altri popoli. I profeti ribadivano che non ce n’era bisogno, che sarebbero state più le perdite dei vantaggi, perché il re lo avevano già ed era il Signore! Ma il popolo insisteva e alla fine cedettero. Tennero ferma però almeno una cosa: il modello del futuro re d’Israele non doveva essere il guerriero, il dominatore, il sovrano, ma il re-pastore. Uno che veglia, con una cura particolare, sui piccoli e sui deboli, sulle "sue pecore", vittime innocenti e indifese di ogni sorta di oppressione, sfinite dalle prove della vita. Vero re è il loro difensore accreditato. Questo era precisamente l’ideale di Gesù, che non ha mai smesso di proclamare in parole e in azioni. I poveri hanno accolto con entusiasmo la predicazione di quest'uomo diverso dagli altri che si metteva al loro fianco, solidale con le loro condizioni esistenziali, di cui denunciava l'ingiustizia. Al contrario, i benestanti, coloro che si adeguavano al sistema e alle sue ingiustizie o non esitavano addirittura a trarne dei vantaggi personali, hanno visto nelle sue parole e nelle sue azioni, delle intollerabili prese di posizione sovversive.
Il Regno di Dio è il sogno di come sarebbe il mondo se a governare fosse (la Parola di) Dio.
È il sogno che diventa continua preghiera. “Il lupo dimorerà con agnello, leopardo con capretto, vitello e leone pascolano insieme...” Ti prego, che questo possa accadere, Signore. Venga il tuo Regno! quanto manca ancora? Sia fatto il tuo volere! Sii tu a governare!
Il Regno di Dio non è qui o là: insiste, chiama. Sempre sognato, invocato, pregato. Sempre al congiuntivo. Che sia fatto, che venga...
Il Regno è la visione poetica di come questo mondo potrebbe essere diverso. Come sognavano i poeti. Anche Gesù era un poeta. Con una caratteristica tuttavia. Il suo pensiero, la sua azione sono sempre “raso terra”. Valgono le persone per quello che sono concretamente, in carne e ossa, nella miseria della loro condizione.
La regalità che Gesù ha vissuto e predicato è spiegata da lui come il concreto e quotidiano stile di vita di ogni persona. Si può riassumere così, traducendo il vangelo di oggi: ovunque qualcuno è capace di un gesto gratuito verso un altro o gioca la sua esistenza per amore di altre persone, lì si rivela il Regno Dio e retrocede il potere della morte. Se non vedi tuto fratello non illuderti di cinotrare Dio! vedresti solo te stesso.
L’amore senza calcolo, come è quello verso i poveri, gli emarginati, i rifiutati (quelli cioè che non possono restituire, anzi creano problemi e difficoltà di ogni genere) è un segno di eternità! Questa forma d’amore è l’unica risposta saggia e vera di fronte al dramma e al mistero della morte.
È l’unica via d’uscita dalla condizione miserevole della pandemia e dal fallimento della nostra economia.