Risposta alla nostra tristezza


Stiamo attraversando una grande depressione che il Covid ha ancor più appesantito. La fiducia nella scienza e che le tecnologie avrebbero migliorato la condizione umana si è dimostrata un inganno. Ci scopriamo invece più tristi. L’individualismo ha preso il sopravvento, ha prevalso sul bene comune, i vincoli si sono allentati, ognuno pensa ai fatti sui. Sono spariti i grandi ideali, la religione, soprattutto tra i giovani, è in ritirata. L’aggressione alla natura ha comportato un peggioramento delle condizioni di vita delle grandi città. Il disastro ambientale rende necessario porre limiti. Atti violenti e incertezza sul futuro hanno un indice molto elevato. Sono cambiati i bambini, sono cambiati anche i genitori. Incontriamo continuamente persone che si lamentano di quasi tutto, in continuazione. Questo brusio lamentoso, questo rimprovero a tutto e a tutti dice la tristezza della perdita dell’amore.
La risposta del vangelo di questa domenica va intesa bene. Non è un generico “vogliamoci bene” che mette tutti d’accordo. Perché siamo diventati incapaci di amare? In realtà Gesù dice un’altra cosa, che è l’opposto di ciò che oggi si pensa e si fa. Noi intendiamo l’amore come un sentimento: sto con te (come partner, come amico, come collaboratore) finché mi piaci. Quando non sento più è finita. Anche con il Signore: vado a messa quando me la sento. Per Gesù invece l’amore è un comandamento: “continua ad amare anche quando non senti più”. L’amico della compagnia puoi lasciarlo quando vuoi. Il comandamento invece considera l’altro come fratello (sorella). Rimane tale anche quando ti delude e non lo senti più come amico.
Gesù intese l’affetto in senso estremo, operando una triplice radicalizzazione: è amore fino all’estremo (si ama per primi, senza pretendere risposta, e fino alla fine). È amore verso tutti senza distinzioni (eliminando l’idea stessa di nemico). È amore gratuito in senso totale e interiore (“Non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra” Mt. 6,3). Gesù trasmetteva l’amore attraverso la sua vita, il suo modo di parlare, di stare in mezzo alla gente, di perdonare l’adultera, di incontrare i malati e gli emarginati, di accettare di farsi toccare dalla peccatrice. Chiamò “amico” Giuda, nell’atto in cui lo tradiva.
Nella vita e nella predicazione di Gesù era all’opera un grande sogno: costruire dell’umanità una sola famiglia, in un’unica, immensa casa. Gesù rimase sempre solidale e legato al popolo dei poveri e dei semplici e ne condivideva anche i suoi valori essenziali: l’amore reciproco, l’affetto e l’umiltà. Per chi non ha ricchezze, queste sono le risorse fondamentali per sopravvivere. L’amore praticato da Gesù superava la reciprocità, fino ad apparire impossibile agli stessi discepoli. Più di una volta, essi rimasero disorientati e increduli davanti alle parole del Maestro: “Allora non conviene sposarsi» (Mt. 19,12).
Un amore così non poteva essere ottenuto per mezzo di leggi inasprite o di sforzi sovrumani, ma esclusivamente tramite una nuova considerazione della vita. “Agli uomini è impossibile, ma non a Dio” (Mt. 19,26). Gesù proponeva una nuova via di umanizzazione che presupponeva l’impegno umano di lasciare agire Dio stesso nella vita del credente. Chiamava quella via “beatitudine” (Mt. 5,1-12). Questo amore presupponeva l’esperienza quotidiana della misericordia. Da soli gli uomini falliscono: “Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla” (Gv. 15,5).
Da cosa partire? Cosa fare? Smettere di criticare e disprezzare, incominciare a provare gratitudine. Ringraziamo per le persone che abbiamo. Ci sono persone che sono riuscite a trovare una via d’uscita dalla sterile lamentazione solitaria inserendosi o dando vita a gruppi di varia natura, dall’aiuto, al volontariato, alla riflessione condivisa a varie forme d’impegno. E hanno scoperto che la qualità della vita cambia radicalmente. Noi siamo umani: il bello dell’umano è questo che la felicità delle sue imprese si trova nel fatto che una persona, anche ferita, quando fa qualcosa per un altro conosce un’emozione e una profondità che nessuna ricerca del piacere o del successo potrebbe dare e quando comprendiamo questo siamo salvi. Anche se uno ha poco può essere protagonista di qualcosa di grandioso, proprio come il bambino che ti dà un bottone che è come un lingotto d’oro. Questa novità strepitosa è possibile a tutti, è il vangelo di Gesù.

 




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