Che Dio c'è, si deve vedere
La gloria di Dio splende nella debolezza. Per Gesù la guarigione è conversione, malattia liberata dalla sua angoscia, capacità di accogliere la realtà e di ricominciare a sperare e ad amare. Nei miracoli di Gesù la guarigione del corpo manifesta la salvezza operata da Dio. Provocato dalla critica dei farisei, Gesù spiega a sua scelta: “Imparate che cosa significhi: Misericordia io voglio e non sacrificio. Infatti, non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori” (Mt 9,13).
Fin dall’inizio,il programma di Gesù è chiaro ed esplicito: “Lo Spirito del Signore è sopra di me, perciò mi ha unto per evangelizzare i poveri; mi ha mandato per annunciare la liberazione ai prigionieri e il ricupero della vista ai ciechi; per rimettere in libertà gli oppressi, per proclamare l'anno accettevole del Signore» (...) Egli prese a dir loro: Oggi, si è adempiuta questa Scrittura, che voi udite”. (Lc 4, 18-21). La potenza dello Spirito Santo consiste nel rendere evidente questo fatto. In questa missione sono subito coinvolti i discepoli: “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date. Non procuratevi oro, né argento, né moneta di rame nelle vostre cinture...” (Mt 10,8-9). Si attualizza, rinforzato, l’annuncio dei profeti. Sentire pronunciare in questo modo l’immediatezza di Dio, scandalizza. Rimane perplesso anche il Battista: «Sei tu colui che deve venire, o dobbiamo aspettare un altro?». Gesù riprende la scena originaria: «Andate a riferire a Giovanni quello che udite e vedete: i ciechi ricuperano la vista e gli zoppi camminano; i lebbrosi sono purificati e i sordi odono; i morti risuscitano e il vangelo è annunciato ai poveri. Beato chi non si sarà scandalizzato di me!» (Mt 11, 3-6).
La compagnia scelta dal Maestro è parte integrante del messaggio: sono gli emarginati, i malati, i peccatori. Questa frequentazione privilegiata rimane costante fino alla fine, fino all’estremo: a Betlemme tra i pastori, in croce tra due delinquenti. Muore pregando per i peccatori. Questo comportamento non passa inosservato. Appare inaudito ma anche provocatorio. Suscita impressione e ammirazione nei discepoli ma rabbia e sconcerto nella feroce critica religiosa che si scatena. I lebbrosi, i malati mentali, i miseri, gli emarginati portano il male impresso nel corpo, quel male è impurità, peccato, vergogna. Si avvera la profezia di Simeone quando parlò a Maria: “Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione” (Lc 2,35).
Gesù opera il ribaltamento della religione: “Ed ecco una donna, malata di un flusso di sangue da dodici anni, avvicinatasi da dietro, gli toccò il lembo della veste, perché diceva fra sé: ‘Se riesco a toccare almeno la sua veste, sarò guarita’. Gesù si voltò, la vide, e disse: «Coraggio, figliola; la tua fede ti ha guarita». (Mt 9,20-22). La Legge prescriveva per questa donna impura la segregazione, le raccomandava l’accettazione penitenziale della sua condizione. Gesù invece la chiama: conferma la qualità della fede, contro ogni complicità con il male. Imbarazzo dei custodi della religione, sorpresa dei discepoli: “Dio vuole tutti salvi” (1Tim 2,4),“Dio non fa eccezione di persona (At 10,34). “Se aveste compreso che cosa significa: Misericordia io voglio e non sacrificio, non avreste condannato individui senza colpa”(Mt 12,7).
Negare la scena originaria del vangelo è corrompere la vera religione, è falsificare la fede:
“Chi non pratica la giustizia non è da Dio, né chi non ama il fratello”(1Gv 3,10).
Autentica religione davanti a Dio è questa: “Soccorrere gli orfani e le vedove nelle loro afflizioni e conservarsi puri da questo mondo” (Giac 1,27). Seguire Gesù significa fare come lui. È quindi immediatoe concreto misurare la fedeltà a Gesù: “ebbi fame e mi deste da mangiare...” Mt 25, 35. “Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede” 1Gv 4,20). “Se non avessi la carità, niente mi giova”.(1Cor 13,3)La giustizia di Dio è agape, perché lui solo è buono. “Io e il Padre siamo una cosa sola” (Gv 10,30). “Chi ha visto me, ha visto il Padre”(Gv 14,19).