Le piccole luci del Natale e la loro gioia


Viviamo un momento oscuro della storia del mondo, una notte altissima, invincibile, incomprensibile. Insieme al buio, il silenzio: mancanza di speranza, di voce, di dialogo. Senza luce e senza voce non si riesce a riconoscere il fratello che ti sta accanto. Ci si scontra, ma non ci si incontra. Questo vuoto oscuro è squarciato dall'invocazione insistente del tempo di Avvento: «Vieni, vieni, vieni, Signore!».
Abbiamo bisogno di una luce e di una parola dall’alto per ritrovare la via da percorrere. La venuta di Cristo alza il velo di tenebra e di morte che ci opprime per illuminare il pensiero e l’amore umano.
L’esperienza religiosa è una continua offerta di segni dei tempi, un inesauribile dischiudersi di potenzialità. Questa passione di portare a compimento ciò che portiamo dentro solo in abbozzo, questo desiderio di rinascere, si chiama “speranza”. Si può anche indicare con la parola “pienezza”. Grazie a essa rinasciamo a ciò che non vediamo ancora, perseguiamo ciò che non possiamo verificare, non smettiamo di coltivare i nostri sogni. La speranza è sostanza della nostra vita, suo fondo ultimo. È forza che ci fa sempre ricominciare. Il Natale del Signore è la festa della luce, cioè di un invincibile ottimismo. Il mondo non è soltanto teatro del male, luogo dei valori incompleti e limitati, è piuttosto la grande, unica occasione per testimoniare quelli veri.
Vivere rinascendo, grazie e regola battesimale, è anche la regola della chiesa che affronta i cambiamenti degli anni e gli eventi della storia. Siamo all’inizio di una nuova epoca della ricerca religiosa di cui nessuno può prevedere le conseguenze. Si stanno già sperimentando, qua e là, nuove forme di vita religiosa più personali, impegnate, devote, centrate su Gesù. La nostra epoca è lontana dall’essersi assestata in una confortevole incredulità.
Cerchiamo itinerari nuovi e inediti. Comprendere il nostro tempo in termini cristiani significa discernere questi nuovi sentieri, aperti a noi da pionieri, ma poi seguiti qua e là, dove e come meno te lo aspetti, nella vita della gente e dei poveri. Natale è festa della luce, non quella sfolgorante e abbagliante (che si addice di più alla Pasqua, sorpresa di tutte le sorprese) piuttosto quella composta da tante piccole lucine che succedono alla notte, non s’impongono e riempiono di gioia, non abbagliano ma indicano il sentiero.
Lucine qua e là rallegrano il nostro Natale. Tutte semplici e imprevedibili: la ripresa gioiosa della partecipazione alla messa dei nostri bambini, la generosità di tanti animatori che rendono giocoso l’oratorio ma accompagnano anche alla chiesa; le catechiste che non si rassegnano ma inventano nuove strade; l’affezione alla messa che resiste; la generosità di tanti parrocchiani nel servizio e nel dono; il lavoro per i nostri presepi. Piccole luci anche nel mondo: il coraggio delle donne iraniane, la mobilitazione contro la violenza femminicida, la persistenza di chi crede nella pace, la mobilitazione per i poveri, l’impegno per la sicurezza.
L’indifferenza e la paura si curano imparando a distinguere, nello sfondo del buio che vorrebbe tutto nero, le piccole lucine che accompagnano il Natale e ci fanno rivivere la gioia dei Magi quando s’accorsero che la stella c’era davvero.
Con questa leggerezza, che non ci aspetteremmo di avere, affronteremo prossimamente nei nostri gruppi le due domande alle quali il nostro arcivescovo chiede alle comunità di rispondere: “Che cosa ci rende una comunità cristiana viva?” e “Che cosa riteniamo che ci renda capaci di annunciare il Vangelo?”. Una prima risposta già ce la suggerisce il Natale di Gesù: accendere qua e là qualche piccola lucina che rallegra il cuore.

 




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